IL CURIOSO DEL CINEMA: IN NOMINE SATAN

wokat5KaE’ appena uscito nelle sale “In nomine Satan”. Interessante opera prima diretta da Emanuele Cerman. La pellicola narra in maniera romanzata la triste vicenda delle Bestie di Satana.  Un vero racconto di “genere” della più classica tradizione italiana che si rifa ai maestri del poliziesco come Lenzi e  Castellari, senza trascurare l’inchiesta di denuncia sociale tipica di registi del calibro di Petri, Rosi, Damiani. Il film vanta una presenza eccellente del cinema indie come Stefano Calvagna, nella veste di co-sceneggiatore e interprete di uno dei protagonisti del film. Distribuito da “Distribuzione Indipendente” con sole 21 copie in 11 regioni “In nomine Satan”, vaga tristemente nel girone infernale destinato ai prodotti indipendenti che non possono avere una programmazione adeguata nelle sale. Il regista mi ha raccontato alcuni aspetti della sua opera e delle difficoltà che ha superato per poterla realizzare.

Un debutto difficile il suo, raccontare la triste realtà delle bestie di satana. Perché ha scelto di narrare cinematograficamente un tema cosi delicato.

Ho sempre amato il cinema che offre allo spettatore la possibilità di pensare e di porsi delle domande. Come regista credo che cercherò sempre di trattare argomenti che possano offrire questa opportunità e per farlo non si possono cercare strade semplici. Quelle delle “bestie di Satana” è uno degli eventi più oscuri e misteriosi del nostro Paese e per quanto mi riguarda la verità su questa vicenda non è ancora emersa e forse non emergerà mai. Il mio film pone domande e lascia dubbi su una vicenda che ha ancora molto da dire. Ho tentato di creare un film che fosse un monito su qualcosa di terrificante che è accaduto e che potrebbe ancora accadere, chiamando in causa sia le responsabilità della società.v4bq8N4h

Che emozioni, sensazioni, ha provato il primo giorno di riprese, il suo primo giorno in assoluto da regista.

Non è stato il mio primo giorno da regista, avevo già diretto diversi corti. Più che emozionato ero teso, perché sono entrato nel progetto all’ultimo avendo avuto pochi giorni per cambiare la sceneggiatura, scegliere i pochi ruoli rimasti liberi nel cast, e soprattutto perché avevo solo dieci giorni per realizzare in condizione estreme un film difficilissimo. Ho superato subito la tensione iniziale e ho affrontato questa prova fisica e psicologica grazie alla calma e grazie al lasciare fluire la creatività liberamente. Questo grazie ad anni di ricerca interiore che mi hanno hanno cambiato come uomo facendomi diventare più consapevole. Per me un problema non è un impedimento insuperabile, ma solo un’occasione per risolverlo trovando nuove strade. E questo lo ripetevo sempre sul set, quando in quelle condizioni di lavoro impossibili molti si spaventavano, riportandoli così ad uno stato sereno di coscienza. “ se non mi agito io, perché vi preoccupate voi per me?”

Come ha conosciuto Stefano Calvagna?

Ho conosciuto Stefano di persona quando cercava uno sceneggiatore per raccontare il periodo più duro della sua vita attraverso un film.

Il suo film può essere definito come un prodotto di genere, oppure una vera e propria pellicola di denuncia sociale?

Il cinema è fatto di “generi”, tanti e tutti diversi tra loro. Generi che talvolta, come nel mio film, possono mescolarsi e magari essere utilizzati anche per una denuncia sociale.

AaOyJVFaCome sta vivendo questa difficoltà nella distribuzione del suo lavoro?

Solo 21 copie in undici regioni. La situazione è ancora più difficile del previsto perché le 21 copie sono in un circuito alternativo. Ora sto lavorando per ampliare il numero delle sale tradizionali, ma il film, anche per l’ argomento trattato non avrà vita facile. Le difficoltà non mi spaventano, sarà una distribuzione lenta, ma che alla fine spero prenderà il giusto spazio. Senza soldi alle spalle e un sistema distributivo cosciente, questo Paese rischia di affossare gran parte della cinematografia italiana più coraggiosa. Qui oltre a non esserci un’industria cinematografica, c’è gente sbagliata al posto sbagliato che ritiene il pubblico solo un consumatore passivo e poco intelligente. Ecco io invece sono di quelli che vuole offrire al pubblico la possibilità di scegliere. È inquietante vedere film che hanno anche 600 copie e altri che non hanno proprio spazio in sala, questa è una delle tante dimostrazioni della decadenza culturale di un Paese che ha messo da parte l’arte e il cinema non comprendendo le loro reali potenzialità. Mi auguro che qualcosa possa presto cambiare.

                                                                                                                                                                                                                                                                          Tiziano Rapanà

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